sabato 30 marzo 2013

Il fresco sguardo

Tra i dolci muri spenti
vedo dopo il rosario
correre i ragazzi
umili e violenti...

E ascolto tremare
sperduti strumenti
in fondo all'asfalto
nella pace lunare.

Ma non piango in segreto.
O, vincendo il pianto,
non mi mostro tremante
di finte allegrezze.

Allegrezze che ingenuo
effondevo un tempo
divorato da colpe
innocenti di vergine.

Nessuno mi sentiva
impazzire, all'alba,
desto da sogni 
che un MAI malediva.

Ma l'odiata purezza
e i peccati sognati
erano il fresco sguardo
dei miei occhi bruciati.


Pier Paolo Pasolini, L'usignolo della Chiesa Cattolica, 1946

venerdì 29 marzo 2013

Un Cristo

Non rinuncio alla gioia che con troppa
facilità discioglie, nel segreto
delle mie intimissime manovre,
il ghiaccio dei sudori e delle prove
mancate... Questo gioco mi è consueto:
non cambio la gioia col rimorso!

Eppure sento impedimenti, piovre
che mi stringono... È Lui? Il Suo soccorso
non è divino, no: è puro gioco
che dentro il mio io scopro, come fuoco
nel fuoco, discorso nel discorso.
Il Suo piano è perfetto, non ha peso.

Io non Lo penso e certo non invoco
la Sua presenza! ed ecco che inattesi
compaiono i Suoi angeli stranieri.
Nella mia vita, freddi, i fili interi
spezzano, aggrovigliano i distesi:
salva, e inconscia, la mia preda ride...

(Quel giorno il Suo angelo fu un serio,
tranquillo contadino che MI VIDE,
altra volta fu un rapido uragano
che mi trattenne in camera, LONTANO...
E fu, ancora, la modesta effige
d'un Cristo che pendeva da uno spago

sul petto che sfioravo con la mano.)


Pier Paolo Pasolini, L'usignolo della Chiesa Cattolica, 1947

giovedì 28 marzo 2013

Deserto

Quando la notte senza dignità
fa del mio corpo un fiore discosto,
voi, o Custodi, in assurde assenze
di spazi trasvolate, ma non senza
avere fatto intorno a voi un fosco
nudo deserto: dove resto solo.

Gruppi di statue, interni, sequenze
di volti, sono sparsi su quel suolo
d'oltretomba; e quei vestigi elisii
incutono nel reo che li visita
equivoci terrori, dolci proroghe.
Libero io percorro quel Museo.

Con la mia innocenza placo i visi
seri dei Guardiani e, vergine Orfeo,
rido e mi atterrisco da fanciullo.
Ecco nel mio cuore del deserto il brullo
marmo della latrina che vedevo
farsi tempietto nei miei vecchi sogni.

Vi entravo: ed era un greve gorgo azzurro
nel petto ingenuo, la vinta vergogna...
Non ero solo, morivo d'abbandono...
Uno si volse... Sento ancora il tuono
della pistola, il tanfo della fogna.
La latrina fu un tempio, aperto ai vostri

sguardi: che non erano sguardi di perdono.


Pier Paolo Pasolini, L'usignolo della Chiesa Cattolica, 1947

mercoledì 27 marzo 2013

Ho tanta fede in te

Ho tanta fede in te
che durerà
(è la sciocchezza che ti dissi un giorno)
finché un lampo d'oltremondo distrugga
quell'immenso cascame in cui viviamo.
Ci troveremo allora in non so che punto
se ha un senso dire punto dove non è spazio
a discutere qualche verso controverso
del divino poema.

So che oltre il visibile e il tangibile
non è vita possibile ma l'oltrevita
è forse l'altra faccia della morte
che portammo rinchiusa in noi per anni e anni.

Ho tanta fede in me
e l'hai riaccesa tu senza volerlo
senza saperlo perché in ogni rottame
della vita di qui è un trabocchetto
di cui nulla sappiamo ed era forse
in attesa di noi spersi e incapaci
di dargli un senso.

Ho tanta fede che mi brucia; certo
chi mi vedrà dirà è un uomo di cenere
senz'accorgersi ch'era una rinascita.


Eugenio Montale, Altri versi

giovedì 21 marzo 2013

Siesta


Tommaso rientrò in camera con le braccia cariche di asciugamani e una borsa di vimini in spalla. Lo scroscio dell’acqua si sovrapponeva al basso lavorio del condizionatore; sul letto giaceva un marasma di indumenti, pronti per essere spostati nel cesto dei panni sporchi. Lisa, sotto la doccia, aveva sentito la serratura scattare e domandò:
«Tommaso, sei tu?»
«Sì, sono io» rispose lui. Si fermò a fissare i sandali della moglie, abbandonati sulla moquette. «Stai facendo la doccia?»
«Sì.»
Tommaso aggiunse la borsa al mucchio di abiti; si sentì subito sollevato: il peso degli asciugamani e il manico rinforzato gli avevano procurato un segno rosso sulla spalla. Andò alla ricerca del suo accappatoio e della biancheria intima pulita, per poi occupare una poltrona di velluto.
Aveva desiderato con insistenza quella vacanza: prenotata in anticipo una settimana di ferie a metà Luglio, messa da parte una somma discreta, senza contare l’aver passato tutta la primavera a cercare di convincere sua moglie.
«Vedrai che ci farà bene» aveva detto, «farà bene a entrambi un po’ di riposo, staccare dal tran tran di tutti i giorni – ufficio, casa, casa, ufficio.»
«Ma sentiti! Smetti di dire sciocchezze.»
«Non dico sciocchezze! Sono serissimo.»
Era chiaro che a sua moglie l’idea della vacanza non andava giù e perciò non si sarebbe mai occupata della ricerca di un albergo e della preparazione dei bagagli.

venerdì 8 marzo 2013

La birra la danno a 1,99

Il supermercato Ennegì è situato nella zona periferica, accanto alla tangenziale che circonda la città e conduce all’ospedale. Angelo va sempre a far la spesa lì quando può permetterselo, perché è il supermercato che ha la roba buona e continua ad essere rifornito, a differenza dell’altra catena che, ormai in fallimento, non conta più nemmeno una decina di macchine alla volta nel parcheggio. Angelo è fuggito a bordo della sua utilitaria per farsi un giro. In tasca ha una banconota da venti euro. Il tempo è brutto: ci sono le solite nuvole scure a circondare i palazzi e l’aria si fa sempre più pesante e afosa ogni secondo che passa.
I cambiamenti metereologici lo hanno sempre scombussolato, non è la prima volta che sente venirgli addosso una sensazione di soffocamento; si è sentito costretto a scaraventarsi fuori di casa, lasciando sua madre addormentata davanti alla televisione.