sabato 25 gennaio 2014

All'amato se stesso dedica queste righe l'autore

Quattro.
Pesanti come un colpo.
«A Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio».
Ma uno
Come me
Dove potrà ficcarsi?
Dove mi si è apprestata una tana?

S’io fossi
Piccolo
Come il Grande Oceano,
mi leverei sulla punta dei piedi delle onde,
con l’alta marea carezzando la luna.
Dove trovare un’amata
Uguale a me?
Angusto sarebbe il cielo per contenerla!

Oh, s’io fossi povero!
Come un miliardario!
Che cos’è il denaro per l’anima?
Un ladro insaziabile si annida in essa.
All’orda sfrenata dei miei desideri
Non basta l’oro di tutte le Californie.

S’io fossi balbuziente
Come Dante
O Petrarca!
Accendere l’anima per una sola!
Ordinarle coi versi di struggersi in cenere!
E le parole
E il mio amore
Sarebbero un arco di trionfo:
pomposamente,
senza lasciar traccia, vi passerebbero sotto
le amanti di tutti i secoli.

Oh, s’io fossi
Silenzioso
Come il tuono,
gemerei,
stringendo con un brivido il decrepito eremo della terra.
Se urlerò a squarciagola
Io
Con la mia voce immensa,
le comete torceranno le braccia fiammeggianti,
gettandosi a capofitto sulla malinconia.

Coi raggi degli occhi rosicchierei le notti
Se fossi
Appannato
Come il sole!
Che bisogno ho io
Di abbeverare col mio splendore
Il grembo dimagrato della terra!

Passerò,
trascinando il mio enorme amore.
In quale notte
Delirante,
malaticcia,
da quali Golia fui concepito,
così grande
e così inutile?


1916

Vladimir V. Majakovskij

venerdì 10 gennaio 2014

Notte d'inverno

Tormenta, tormenta su tutta la terra
fino agli ultimi confini.
Una candela bruciava sul tavolo,
una candela bruciava.

Come uno svolio di moscerini, 
d'estate, su una fiamma,
così i fiocchi da fuori irrompevano
sul telaio della finestra.

La tormenta imprimeva sul vetro
circoli e frecce.
Una candela bruciava sul tavolo, 
una candela bruciava.

Sul soffitto illuminato
si coricavano le ombre.
Incroci di braccia, incroci di gambe,
incrocio di destini.

E due scarpette cadevano
con un colpo sul pavimento, 
e dal lume la cera a lagrime
gocciolava sull'abito.

E tutto in una caligine di neve
canuta e bianca si perdeva.
Una candela bruciava sul tavolo,
una candela bruciava.

Da un angolo sulla candela un alito,
e la febbre della tentazione
come un angelo alzava due ali
a forma di croce.

La tormenta durò tutto febbraio,
e ininterrottamente
una candela bruciava sul tavolo,
una candela bruciava.


Boris Pasternak, Il dottor Živago, trad. Mario Socrate