sabato 30 novembre 2013

E il sale?

[Con la bellezza di sette mesi e ventisette giorni (ma potrei sbagliarmi, perché lo sanno tutti che non so contare) questo si classifica come il racconto dal periodo di gestazione più lungo! E non vuol dire che sia un granché, ma non l'ho abbandonato per strada ed è assai, direi]


E l’amore, non è una faccenda divertente?
Tu baci, e le labbra sono come di latta.
Lo so, il mio sentimento è più che maturo
E il tuo sentimento non riesce a fiorire.
(S.Esenin)


Giancarlo si svegliò accerchiato dalla luce del sole e dal ronzio della televisione. Era in ritardo e si precipitò giù dal letto alla ricerca di qualcosa da mettere addosso; scese in cucina con una camicia stretta fra le mani e la cintura che penzolava dai passanti del jeans.

«Buongiorno, pa’.»

«Che fai alzato a quest’ora?» borbottò Giancarlo.

Suo figlio minore, capelli castani e un paio di orecchie a sventola, fissava la televisione appollaiato su una sedia. Era sempre il primo a svegliarsi, per correre a guardare i cartoni prima di andare a scuola. Marco non sopportava che suo padre e suo fratello lo privassero di quel piacere mattutino e diventava una lagna se lo disturbavano.

«Ti ho fatto il caffè.»

Mostrò al padre l’angoletto di tavolo su cui aveva spiegato un tovagliolo rosso. Era il suo modo per evitare i rimproveri: suo padre non avrebbe mai rinunciato alla tazza di caffè mattutino bell’e pronta. Quando Marco avvertiva un nervosismo particolare, poi, aggiungeva quattro biscotti e il piattino. Quella mattina si era limitato a una galletta.

Giancarlo miscelò lo zucchero con la camicia ancora sbottonata. Odiava essere in ritardo; calcolò che avrebbe perso altri dieci minuti per mettere in moto il taxi e andare a chiamare Carola.

«Spegni la televisione, vai a vestirti!»

Come se incitare il figlio a darsi una mossa lo facesse sentire a posto con la propria coscienza. Marco non si mosse di un millimetro; guardare Hello! Spank prima di andare a scuola era un’abitudine consolidata tanto quanto il lavarsi i denti. Giancarlo si pulì i baffi con un tovagliolo.

«Hai sentito? Spegni!»

Stavolta Marco, infastidito, cambiò il ginocchio su cui poggiava il mento.

«È presto ancora» obiettò.

Sull'andar fuori a prendere la posta

lo strano mezzogiorno
dove squadre di vermi vengono su pian piano
come spogliarelliste
a farsi violare dai merli

vado fuori
e da un capo all’altro della strada
le verdi armate sparano colore
come un sempiterno 4 luglio,
e anch’io ho l’impressione di gonfiarmi,
una specie d’ignoto prorompere, la
sensazione forse, che non c’è nessun
nemico
in nessun posto

e caccio una mano nella cassetta
e non c’è
niente: nemmeno una
lettera della società del gas per dire che
me lo taglieranno
ancora.

nemmeno due righe della mia ex moglie
per vantarsi della sua attuale
felicità.

la mano fruga la cassetta postale con una specie
d’incredulità ancora per molto tempo dopo che la mente
ha rinunciato.

non c’è neanche una mosca morta
là dentro.

sono uno sciocco, penso, avrei dovuto saperlo
così vanno le cose.

e rientro mentre tutti i fiori si sbracciano
per farmi contento.

niente? Chiede
la donna.

niente, rispondo, che c’è
a colazione?


Charles Bukowski, Poesie (1955-1973), Mondadori

giovedì 28 novembre 2013

Veglia

Cima Quattro il 23 dicembre 1915

Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore


Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita.

G. Ungaretti

Poco, mi serve

Poco, mi serve.
Una crosta di pane,
un ditale di latte,
e questo cielo
e queste nuvole.

Velimir Chlebnikov, 47 Poesie facili e una difficile, Quodilibet

lunedì 18 novembre 2013

Promemoria n.3

I fatti sono questi: l'anatomia si presta molto bene a farmi da epifania, oppure la vista delle tavole del Sobotta scatena una depolarizzazione selvaggia sulle membrane delle mie sinapsi, dipende da come si vuol vedere il mondo.
Prendiamo il post di Settembre, mettiamolo da parte. C'è questa raccolta di racconti - o una storia a più capitoli (sì, a più capitoli, sul serio) non s'è capito bene - che mette tutti i propositi d'accordo. Se tutto va bene, potrei scriverne un capitolo al mese.


Current mood: Sinfonia di Leningrado, primo movimento

venerdì 8 novembre 2013

Ah sì, per tua disgrazia

Ah sì, per tua disgrazia,
invece di partire
sono rimasta a letto.

Io sola padrona della casa
ho chiuso la porta
ho tirato le tende.
E fuori i quattro canarini
ingabbiati sembravano quattro foreste
e le quattromila voci dei risvegli
confuse dal ritorno della luce.
Ma al di là della porta
nei corridoi bui, nelle stanze
quasi vuote che catturano
i suoni più lontani
i passi miserabili di languidi ritorni
a casa, si accendevano nascite 
e pericoli, si consumavano
morti losche e indifferenti.

E cosa credi che io non t'abbia visto
morire dietro un angolo
con il bicchiere che ti cadeva dalle mani
il collo rosso e gonfio
vergognandoti un poco 
per essere stata sorpresa
ancora una volta
dopo tanto tempo
nella stessa posizione nella stessa condizione
pallida tremante piena di scuse?

Ma se poi penso veramente alla tua morte
in quale letto d'ospedale o casa o albergo,
in quale strada, magari in aria
o in una galleria; ai tuoi occhi che cedono
sotto l'invasione, all'estrema terribile bugia
con la quale vorrai respingere l'attacco
o l'infiltrazione, al tuo sangue pulsare indeciso
e forsennato nell'ultima immensa visione
di un insetto di passaggio, di una piega di lenzuolo,
di un sasso o di una ruota
che ti sopravviveranno,
allora come faccio a lasciarti andar via?


Patrizia Cavalli, Il cielo

giovedì 7 novembre 2013

Ma prima bisogna liberarsi

Ma prima bisogna liberarsi
dall'avarizia esatta che ci produce,
che me produce seduta
nell'angolo di un bar
ad aspettare con passione impiegatizia
il momento preciso nel quale
il focarello azzurro degli occhi
opposti degli occhi acclimatati
al rischio, calcolata la traiettoria, 
pretenderà un rossore
dal mio viso. E un rossore otterrà.


Patrizia Cavalli, Poesie, Einaudi