mercoledì 29 maggio 2013

Quando sono lontano da te

Quando sono lontano da te
tu pensi sta bene
Circondato dall'attenzione generale
può tornare a fare il poeta
Qualche volta lo sorprende la pioggia
la pioggia degli altri Stati
Allora entra in un caffè e la pioggia
lo aspetta davanti alla porta perché ne possa
scrivere un poema.

Quando sono lontano da te
tu neppure intuisci quanto diventa importante
ogni tuo movimento
di cui nessuno mi avverte
Al servizio dell'uomo
hanno inventato l'aereo il telefono la posta
ma nell'aria circolano solo le cattive notizie
Quanti soldi perché i corrispondenti speciali
possano scrivere del finimondo

Quando sono lontano da te
a ogni momento qualcuno può gettare
una bomba fra noi.

Praga, caffè Slavija, 23.10.1964

martedì 21 maggio 2013

L'uomo nero

Amico mio, amico mio,
io sono molto molto malato.
Io stesso non so da dove mi venga questo male.
Forse è il vento che fischia
sul campo vuoto e deserto,
forse, come a settembre al boschetto,
è l'alcool che sfronda il cervello.


La mia testa agita le orecchie
come fa un uccello con le ali.
La mia testa non è più capace
di dondolarsi sul collo.
Un uomo nero,
nero, nero,
un uomo nero
non mi lascia dormire per tutta la notte.

venerdì 17 maggio 2013

Spot contro l'omofobia LIS


Si era detto solo racconti e poesie. Ma questo video è proprio bello.


Non ho seme da spargere per il mondo

Non ho seme da spargere per il mondo
non posso inondare i pisciatoi né
i materassi. Il mio avaro seme di donna
è troppo poco per offendere. Cosa posso
lasciare nelle case
nei ventri infecondati? Le parole
quelle moltissime
ma già non mi assomigliano più
hanno dimenticato la furia
e la maledizione, sono diventate signorine
un po' malfamate forse
ma sempre signorine.


Patrizia Cavalli, Poesie

sabato 11 maggio 2013

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FUMARE

Per una sigaretta nel cortile, di notte, bisogna inerpicarsi sulla ringhiera e badare che la cenere non finisca sulla camicia da notte. Ora è chiaro che la cinta di separazione dal campo sportivo non è altro che un muretto assediato dall’edera, il ceppo del pino l’ha seppellito la rena, manca la bombola di metano e le scritte sul muro – Rachele ama Ciro B. – sono sbiadite. Le volute di fumo espirate contro l’aria afosa sono le stesse di qualche anno fa, ma i compagni sono come i gatti: passeggiano senza fermarsi. Gettare il filtro inservibile a terra vuol dire: tutto finito!



COMUNISMO 

Tina fa un respiro contro il collo di Lele, che fissa le pagine del libro; il bacio non la smuove.
«Non ti ci porto alla mostra, fa troppo caldo. Chiedilo a Luci.»
«Dorme!»
«Finge. Si alza prestissimo, fa colazione e torna nel letto.»
«È sempre così disordinata.»
Tina abbraccia Luci, che ha scomposto le lenzuola e monopolizzato un cuscino.
«Mi accompagni?»
Il mugugno che ne viene fuori suona come: «Non so guidare.»
Lele ride, Tina prova con le carezze ma viene respinta.
«Insomma, vi siete coalizzate? Se fate così divento…»
«Ah-ah, attenta Tina.»
Qui gelosia è una parola che non si può dire.



TANGO

Quel giorno imparai che cosa significasse avere le palle.
Lo sapevano tutti che Carmelo era proprio scarso nel gioco del calcio e nessuno gli passava la palla; poverino, trotterellava a centrocampo rincorrendoci. Mi fece pena e gli diedi una possibilità.
Sbagliai: tirò una sventola scoordinata e potente che andò dritta contro una finestra. Il tempo di udire il crash del vetro ed erano già tutti corsi via, lasciandomi lì come un cretino. Mi tremavano le gambe e forse per questo non scappai. Mi beccai le urla e assistetti alla barbara scuoiatura del pallone, ma che importava? Ero rimasto lì, a prendermi la colpa. Praticamente un eroe.







UN SEGRETO


Durante la salita verso il paese, fra una curva e l’altra, lui non dice una parola e lei è preoccupata; infine non si trattiene più e domanda:
«Sei proprio sicuro?»
«Hai alternative?»
Lei sa che quella fermezza cela soltanto delusione.
«A me non importa nulla di quello che fai, lo sai?»
La sincerità non lo smuove.
«Ai miei sì. Hai intenzione di fare la spia?» domanda, colto da un presentimento.
«No.»
«So che pensi, non dovrei mentire. Ma non ne parliamo più.»
Lei ammutolisce, sconfitta; a un tratto sporge la testa fuori dal finestrino e grida:
«Mio marito fa il contadino, va bene? Ridete? Chissenefrega!»




LA PALUDE

Alle tre del pomeriggio Matteo passa davanti al bivio dello scalone. Fa molto caldo e in giro non c’è nessuno se non si conta zio Pietrino, che sta sempre seduto lì.
«Zi’ Pietrino, che fate?»
«Niente.»
«Aspettate qualcuno?»
«Forse passa la corriera. Io controllo e se si ferma ti chiamo.»
Matteo compie la stessa strada a ritroso ogni sera per tornare a casa.
«Zi’ Pietrino, che fate?»
«Niente.»
«È passata la corriera?»
«Eh, no. Mi sono addormentato e non l’ho vista. Domani, quando passa, ti chiamo.»
Matteo sa che l’autobus non riuscirà mai a passare attraverso una via così piccola.

Sarajevo

E adesso dormano pure tutti i nostri cari e immortali.
Sotto il ponte presso il II liceo femminile gonfia la Miljacka scorre.
Domani è domenica. Prendete il primo tramway per Ilidža.
Naturalmente, nell'ipotesi che non cada la pioggia.
La noiosa lunga pioggia di Sarajevo.
Chissà come ne sentiva la mancanza Čabrinović in prigione!
Noi la malediciamo, la insultiamo, e tuttavia mentre cade
fissiamo i nostri appuntamenti d'amore come fossimo in pieno maggio.
Noi la malediciamo, la insultiamo, coscienti che
pur ingrossata dall'acqua
la Miljacka non diventerà mai né il Guadalquivir né la Senna.
E allora! Forse per questo ti amerò di meno
e ti tormenterò meno nelle sventure?
Per questo sarà forse minore la mia fame
di te e minore il mio amaro diritto
di non dormire quando incombono sul mondo la peste o la guerra
e quando le uniche parole diventano «non dimenticare» e «addio»?

Del resto forse questa non è neppure la città dove morirò,
ma in ogni caso essa mi ha meritato
incomparabilmente più sereno,
questa città dove forse non sono neppure stato troppo felice
ma dove ogni cosa è mia e dove posso sempre 
trovare almeno qualcuno di voi che amo
e dirvi che mi sento solo fino all'angoscia,

Potrei farlo anche a Mosca, ma Esenin è morto
e Evtušenko si trova certamente in qualche posto della Georgia.
A Parigi come potrei chiamare il pronto soccorso
se non ha risposto neppure agli appelli di Villon?
Qui, se chiamo persino i pioppi, miei concittadini, 
anch'essi sapranno ciò che mi fa soffrire.
Perché questa è la città dove forse non sono stato troppo felice,
ma dove tuttavia anche la pioggia quando cade non è solo pioggia.

1961

Izet Sarajlić, Chi ha fatto il turno di notte